Molto spesso si discute di temi caldi, come l’esistenza di Dio o di entità al limite del mitologico, e chi ne sostiene l’esistenza cerca di ribaltare l’onere della prova: “Se io devo dimostrare l’esistenza degli alieni mutaforma per affermare che esistono, tu, che neghi la loro esistenza, devi provare la loro inesistenza!” o anche “Se io devo provare l’esistenza di Dio per affermare che esista, tu, per dire il contrario, devi provare che non esiste!” e così via.
Ritengo che la questione si riduca a questo: un’affermazione che introduce variabili arbitrarie a ciò che è già conosciuto e provato complica il modello e, di conseguenza, lo rende meno probabile. Per ridurre tale complessità e renderlo nuovamente probabile, è necessario dimostrare come tale complicazione sia “necessaria”. Pertanto, servono prove stringenti che non solo aggiungano informazioni a ciò che è già stato provato, ma che dimostrino anche l’indispensabilità di quanto affermato. In caso contrario, è preferibile un’affermazione meno complessa, che quindi escluda tali aggiunte. Per questo motivo esiste un sistema probatorio: in ambito matematico, geometrico, algebrico, ecc., laddove è possibile assumere arbitrariamente delle premesse (assiomi) perché siamo noi a decidere il contesto in cui effettuare le verifiche e possiamo quindi avere certezza di tutte le variabili in gioco, si utilizza la dimostrazione logica o matematica. In ambito fisico/immanente, invece, è necessario utilizzare un sistema di prove via via più stringenti sulle conclusioni degli assiomi assunti, che non possono mai essere ritenuti veri con certezza assoluta. Per questo si utilizza un sistema di prove, se possibile di tipo falsificabile, in ambito scientifico.
Nel caso di Dio, l’affermazione dell’esistenza di un’entità con determinate caratteristiche aggiunge qualcosa a quanto già verificato nel mondo, complicando il modello: è un’affermazione che rende il tutto meno probabile. Le prove servirebbero a rendere l’affermazione meno complessa e quindi più probabile. In gergo si dice “affermazione non necessaria”. E se l’entità Dio non è necessaria, ossia se il mondo descritto e misurato non richiede specificamente e stringentemente la sua esistenza, allora tale affermazione complica il modello ed è quindi improbabile. Per cui va scartata fino a nuove prove.
Questo non toglie che le persone possano continuare a credere in ciò che ritengono attendibile per istinto o intuito, o (più frequentemente) per bias, educazione ricevuta o innamoramento verso certi temi a cui si sono interessate… ma questo non costituisce una prova e non riduce la complessità del modello.
In questo senso, chi afferma l’aggiunta di un’entità o di una legge a quanto già verificato, come dicevano i latini, “onus probandi incumbit ei qui dicit”.