Ogni tanto sento dire: “La complessità della vita è tale che la probabilità che si sia formata spontaneamente è così bassa da non essere credibile”. Fred Hoyle, un astrofisico britannico noto critico dell’abiogenesi (la teoria secondo cui la vita sarebbe emersa spontaneamente da materia non vivente), fece un paragone molto famoso, affermando che la probabilità che la vita sia sorta per caso è paragonabile alla probabilità che un tornado, attraversando un deposito di rottami, possa assemblare un Boeing 747. Questo paragone è spesso citato per sottolineare la sua opinione che l’origine della vita non possa essere spiegata semplicemente con processi naturali.
Tuttavia, in questo e in altri paragoni simili, esistono una serie di fallacie, ampiamente riconosciute come tali dalla comunità scientifica:
- L’errore di assumere che, in mancanza di una comprensione completa di un processo, si possa stabilire una probabilità precisa, spesso confondendo la complessità del prodotto con la complessità del processo.
- L’errore di ritenere che un evento, anche se riconosciuto come estremamente improbabile, possa essere scartato di fronte alle prove. Gli eventi rari e improbabili avvengono, e non è corretto affermare che esista una soglia di probabilità al di sotto della quale un evento debba essere considerato impossibile. Alcuni critici, come il matematico e ingegnere William Dembski, associato al movimento del disegno intelligente, hanno cercato di definire una soglia di probabilità al di sotto della quale un evento dovrebbe essere considerato impossibile. Dembski ha introdotto il concetto di “probabilità universale”, stimandola a 10-150, e ha suggerito che qualsiasi evento con una probabilità inferiore a questa soglia dovrebbe essere considerato impossibile nel contesto dell’universo osservabile.
Questo tipo di argomentazione è stato ampiamente criticato dagli scienziati, perché queste stime sono anzitutto arbitrarie e non tengono conto della complessità dei processi evolutivi e delle molteplici vie che possono portare alla formazione della vita.
Inoltre, la biologia molecolare moderna dimostra che le proteine e le sequenze di DNA non si formano in modo completamente casuale, ma attraverso processi guidati da meccanismi chimici e fisici, che aumentano significativamente la probabilità di formazione di strutture funzionali. Non c’è motivo di ritenere che la vita non si sia formata attraverso simili processi chimici. E comunque non ha senso usare probabilità non calcolabili, soprattutto di fronte a prove specifiche che indicano che le cose siano andate in un certo modo: la probabilità che noi, tra tutti i possibili discendenti dei nostri antenati, nascessimo oggi era ben più bassa di 10-150, eppure siamo qui. Ciò che conta è valutare la probabilità di una teoria su base razionale e considerare quali siano le alternative.
Ecco perché non c’è alcun problema ad affermare che la vita sia comparsa spontaneamente per via chimica. Non sappiamo se ciò è avvenuto sulla Terra o nello spazio, né conosciamo l’esatto processo, ma sappiamo che è successo. E finché non abbiamo dati certi, non possiamo definire una probabilità precisa.
Ci sono teorie che non sono considerate valide perché troppo complesse, eppure potrebbero spiegare pienamente la comparsa della vita. Ma essendo complesse, e mancando prove, sono ritenute improbabili.
Lo stesso criterio si applica a tutto (se vogliamo restare razionali); altrimenti, siamo liberi di credere a ciò che ci convince, ma in tal caso non siamo razionali.